E’ possibile tutelate le praterie coralligene, e contemporaneamente salvaguardare la vita dei corallari? Il Comitato Tecnico Consultivo per la Pesca della Regione Sardegna (CTCRP), alla ricerca delle possibili soluzioni.
Due vite da tutelare, quella del corallo e quella dei corallari, obiettivi non facili da raggiungere. Tanto che il CITES, nella riunione del 2010 tenutasi a DOHA in Katar, ha demandato la valutazione dello stato della risorsa corallo (Corallium rubrun L., 1758) e la regolamentazione sulla pesca, alle Istituzioni locali di competenza territoriale. Motivando la sua decisione con la totale mancanza di evidenze scientifiche e criteri biologici. Sebbene, per quanto attiene la tutela del corallo rosso dei mari sardi, la regione gia’ nel 1979, si fosse dotata di una legge ad hoc, la legge n° 59, anche definita “adattiva”.
Antiche tecniche di pesca del corallo – Video di repertorio. Fonte: you tube.
Una normativa, a detta di scienziati e operatori del settore, all’avanguardia in ambito mediterraneo e, che negli ultimi 40 anni ha prodotto effetti benefici sia sull’habitat marino che sulle le praterie coralligene. Con il concetto “adattiva“, si intende che ogni anno la Regione Sardegna, emana un decreto di adeguamento delle modalita’ di pesca del corallo. Stabilendo, di volta in volta, le giornate, la durata del periodo di pesca, la quantita’ prelevabile giornalmente da ogni singolo corallaro, le zone nelle quali la pesca può essere esercitata e infine, le modalita’ e i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione.
Il Decreto, può inoltre stabilire il numero massimo di autorizzazioni da rilasciare annualmente e persino imporre il divieto temporaneo di pesca in determinate aree, qualora le esigenze di tutela dei banchi coralligeni lo richiedano, anche per periodi di oltre 3 anni. Ma se delle praterie di media profondita’ ( 30-40 metri) si ha una buona conoscenza, un piano di prelievo adattivo, non puo’ prescindere dalla conoscenza dei fondali e della consistenza reale dei banchi di profondita’. Ovvero, quelli che fino a qualche anno fa’ conoscevano soltanto i corallari professionisti in grado di raggiungere, con le bombole, profondita’ fino a 140 metri. Esigenza fortemente sentita dalla Regione Sardegna, la quale ha affidato al Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia Marina dell’Universita’ di Cagliari, due progetti di ricerca, volti a garantire il monitoraggio costante dei fondali e della risorsa corallo . Il primo dal titolo:” “Struttura spaziale delle popolazioni e genetica dei banchi di Corallium rubrum del Mediterraneo centro occidentale, il secondo: “Misure gestionali volte al ripopolamento degli stock di corallo rosso (Corallium rubrun L.1758)”, ancora in corso e dei quali seguiremo gli sviluppi con grande attenzione. Entrambi gli studi, allo scopo di assicurare lo sfruttamento razionale dei banchi di corallo, nel mare territoriale sardo.
I dettagli in : DECRETO n. 864 del 01.06.201, DECRETO 1203/2012, e DECRETO N. 1204 /DecA/ del 08.08.2012, dell’ Assessorato all’Agricoltura della Regione Au2tonoma della Sardegna.
PRIMI RISULTATI DELLE RICERCHE I primi risultati delle ricerche sono stati resi noti, in occasione della conferenza del GFCM ( Commissione Generale Pesca del Mediterraneo), tenutasi ad Ajaccio, alla fine del 2011. Dati che hanno consentito di individuare lungo le coste settentrionali, nord-occidentali, e sud occidentali dell’isola, popolazioni coralligene caratterizzate da struttura e morfologia diverse, e persino da un diverso tasso di accrescimento. Mentre l’analisi dei dati sullo sforzo di prelievo esercitato negli anni 2008 – 2011. evidenzia un preoccupante aumento della quantita’ di corallo raccolto. Soltanto nel corso del 2011, infatti, ne sono stati pescati circa 2500 kg, ma è aumentato anche lo sforzo di pesca che ha registrato il suo massimo ad Alghero. Preoccupante anche l’entita’ della pesca illegale, della quale non si hanno numeri certi. E a questo proposito il Prof Angelo Cau (responsabile scientifico dei progetti di ricerca), conclude “ con questo ritmo dello sforzo di prelievo, entro 5 anni la risorsa corallo sara’ in crisi, soppratutto nelle zone attualmente utilizzate per la raccolta” . E’ opinione condivisa anche, che nonostante le buone leggi, c’è chi le aggira da sempre, mettendo a rischio l’habitat e la risorsa corallo, confidando sulla grandezza del mare e sull’impossibilita’ di controllarlo tutto. Tutto questo fa sì, che le varie istanze dei corallari di poter utilizzare per la perlustrazione e la pesca del corallo, il ROV (Remotely Operated Underwater Veicles, il cui utilizzo al momento è consentito soltanto nell’ambito dei progetti di ricerca), sembra non possano ottenere accoglimento. In questa direzione va anche la netta presa di posizione del GFCM ( General Fisheries Commission for the Mediterranean) che con la nota n° 35 del 2011/2012, ne vieta l’uso, sia per la pesca che per l’individuazione dei banchi. Infatti sottolinea il Prof. Cau ( responsabile scientifico dei progetti di ricerca) , “l’utilizzo del ROV, anche soltanto per la prospezione porta ad un aumento dello sforzo di pesca superiore al 40%”. Dal punto di vista della sorveglianza appare insufficiente anche l’attuazione di porti di sbarco, che potranno, pero’, avere un ruolo primario, per la tracciabilita’ della risorsa.
SICUREZZA E TUTELA DELLA SALUTE DEI CORALLARI. Ma se ancora sussistono i presupposti per poter pescare corallo commercialmente valido senza danneggiare l’habitat, e mettere a forte rischio la vita dei corallari, il ventaglio di soluzioni, non sembra essere molto ampio. Infatti sentite le opinioni di alcuni di loro, il rischio è legato soppratutto al numero di immersioni giornaliere, che non dovrebbero essere più di una. Immersione la cui preparazione ha costi altissimi, e che fatta senza perlustrazione preventiva con il ROV, non garantisce al corallaro alcun pescato. Questa e’ la ragione che spesso costringe ad un numero superiore di immersioni quotidiane. Quindi, a questo punto, per avere la certezza del rispetto delle regole, e tutelare corallo e corallari, si potrebbe concedere l’utilizzo del ROV, unicamente, per la visione sottomarina, e solo a condizione di avere a bordo tecnici accreditati (con funzioni di controllori ), per tutto il tempo dell’attivita’ in mare. Con un adeguamento del numero delle giornate di pesca e delle quote di corallo prelevabili mensilmente. In questo modo si tutelerebbero i banchi corallini e la vita dei corallari , i quali rassicurati sulla certezza del pescato, eviterebbero inutili e costosissime immersioni alla ceca e troppe sedute di decompressione nelle camere iperbariche. E Sebbene, la legge 59 del 1979 preveda tutta una serie di norme sulla sicurezza e, il CTCRP (Comitato Tecnico Consultivo Regionale per la Pesca della regione Sardegna) sta lavorando all’attuazione di un percorso altamente formativo per i futuri nuovi corallari. La cosa certa è , che anche in questo caso, a nostro avviso, non si puo’ prescindere, dall’ avere al tavolo tecnico di discussione dei provvedimenti di legge, i diretti interessati a questa attivita’, ovvero i corallari. Magari alcuni di quelli di lungo corso, disposti a mettere la loro grande esperienza e conoscenza dei fondali a disposizione della ricerca scientifica. Contributo prezioso, sia per tutela dell’habitat, che per la tutela degli stessi corallari. Infatti, a causa delle immersioni ripetute, a profondita’ di oltre 130 metri, si sottopongono a rischi elevatissimi sia per la salute che per la vita stessa.